Colori d'autunno

Colori d'autunno
“ Storie che vanno via veloci disperdendosi al vento come fili di fumo. Il fumo è testimone di un fuoco. La legna finisce, il fuoco si spegne. Rimane l’odore del fumo, che è ricordo. Del fuoco resta la cenere, che è memoria. Rovistando tra la cenere si pensa al fuoco che fu. Ricordare fa bene, è un buon allenamento per resistere e tirare avanti.” (Mauro Corona)

domenica 31 dicembre 2017

COLLI EUGANEI: I borghi Euganei nel Medioevo


La chiesa di Calaone e, ai piedi del M.Castello, l'abitato di Este

Ogni qualvolta attraverso un borgo caratteristico dei Colli Euganei, vi sono alcuni quesiti che mi passano per la testa; interrogativi che immancabilmente incontrano la mia curiosità di appassionato escursionista, amante della bellezza e dell’originalità di questi luoghi. Uno di questi è poter conoscere la  toponimia di questo o quel paese. Da dove nasce il nome? Qual è il suo significato, la sua storia? Ecco che pian piano, come d'incanto, mi sento risucchiare da un vortice immaginario, una specie di macchina del tempo che mi catapulta in un’epoca dove tutto ha avuto inizio. Un’epoca buia e misteriosa contrassegnata da continue lotte intestine fra compagini comunali che portarono all’inevitabile nascita e sviluppo di potenti Signorie. Intorno a me, chiese, palazzi, imponenti fortificazioni, vie scure e anguste dall’odore acre e stantio dell’eterna immortalità. Ero piombato in pieno Medioevo!


Veduta su Valle S.Giorgio, Calaone e i monti Castello e Cero


Sui Colli Euganei, l’avvento del Medioevo portò alla bonifica, al disboscamento e dissodamento di “garbi” e “vegri”, alla nascita di “ville” e soprattutto all’edificazione, sui luoghi elevati, di castelli e fortificazioni, dove si stabilirono conti e feudatari. Molti terreni, già messi a cultura, furono riconquistati dai boschi (si pensi al toponimo Villa del Bosco – oggi S. Biagio – presso Praglia) o lasciati incolti (Vegro, Vegrolongo) o divenuti paludosi (Palù, Palugana); lupi e altri animali selvatici contesero agli uomini il poco cibo (Luvigliano o “Lupillanum”). Nel periodo che va dal 1000 al 1200, in cui tutte le forme dello sviluppo e della vita erano dominate da castelli, roccaforti e monasteri, il territorio euganeo si arricchì di una complessa rete stradale minore e di nuovi determinanti urbani sui quali si definirono gli sviluppi futuri. Ai borghi più antichi, altri se ne aggiunsero.

Arquà Petrarca
Arquà’, non è altro che la proiezione di preistorici impianti palafitticoli. L’insediamento si pone a mezza costa lungo un piccolo dorsale, quasi per mimetizzarsi, a rispettosa distanza, dalla Rocca di Monselice e dal Castello di Ezzelino sul Monte Ricco. Il toponimo deriva dal latino Arquata o Arquata Montium che significa ‘arco di monti’ e indica la sua posizione su di un’altura circondata da una corona di colline. La sua esistenza è provata per la prima volta in un documento del 985 con la citazione del “Castro Arquadae”. La sua pieve di S. Maria è ricordata in un atto del 1026. Teolo è tra i borghi più antichi. Si chiamava Titulus, da una lapide del 141 che segnava il confine tra Este e Padova e apparteneva al Comitato vicentino. Nel 963 vi è un documento che lo ricorda come Casale in Titulo. Questo, fu un periodo florido per Teolo che iniziò il suo sviluppo economico e urbano diventando così sede di Podestà nel XIII secolo. La Chiesa di S. Giustina è ricordata in un atto del 1297. Con i Comuni di Bresseo e Castelnuovo, costruì il primo castello di Rocca Pendice, unico esempio negli Euganei di fortezza edificata per volontà di libere comunità tra loro associate.

L'antica chiesa di S.Giustina - Teolo
L’agguerrita catena di fortezze costituita dai Castelli di Boccon, Castelnuovo e Rocca Pendice, diede sicurezza ai borghi di Vo’, Boccon, Cortelà e di Zovon, quest’ultimo, risalente ad antica origine, forse longobarda. La toponomastica di Vo’, deriva dal latino "vadum" (guado, porto fluviale). Il ritrovamento in zona di reperti archeologici attesta che Vo' fu colonizzato dai Romani. Dissolto l'Impero di Roma, le terre che lo avevano formato rimasero senza guida e protezione, prede facili dei popoli invasori. Si hanno notizie documentate sull'abitato sin da prima dell'anno Mille, mentre durante il Medioevo due famiglie ebbero il controllo sul territorio: i Maltraversi e i Da Vo'. Il nome di Baone deriva probabilmente dalle feste in onore di Bacco che qui si svolgevano in epoca pre-romana. Verso l'anno Mille è documentata la cessione di Baone come feudo da parte del vescovo di Padova al principe Azzo I marchese di Este. Questi donò a sua volta il feudo verso il 1077 ai Conti Maltraversi di Padova, famiglia nota e assai potente "di legge longobarda". Durante il Medioevo la signoria di Baone regnò incontrastata con un susseguirsi di personaggi in parte illustri, finché nel 1294 il castello, che sorgeva in cima al colle sovrastante l'attuale paese, fu distrutto da Ezzelino da Romano. Con la caduta dei conti di Baone e la fine della tirannia ezzeliniana, il borgo divenne comune e come tutti i comuni rurali fu retto dai capi delle famiglie più importanti sotto la guida di un decano. I marchesi di Este, primi feudatari di Baone, fondarono l'antica Pieve di S. Fidenzio in cima al colle, dove sorgeva il più antico abitato.

Panorama su Lozzo Atestino
Cinto Euganeo è ricordato in un atto del 969. L’origine di tale nome è antichissima. Oltre a leggende locali che lo rimandano a miti greci e romani, il toponimo è fatto derivare da “ad quintum lapidem”, cioè da un’indicazione di distanza (cinque miglia). Il primo nucleo si coagulò probabilmente intorno all’area dell’antica pieve di S. Maria, la quale sorse accanto a una torre di guardia di remota origine. La pieve di S. Maria aveva come cappellania la Chiesa di Cornoleda, intitolata ai Santi Nazario e Celso.

Chiesa di S.Maria della Neve a Bastia di Rovolon

Importanza notevole nel Medioevo aveva il centro di Rovolon sia per le fortezze del suo territorio sia per le altre strutture urbane e civili di cui disponeva. E’ luogo antico, già sede di podestà, culla dell’omonima famiglia medioevale, alla quale apparteneva il castelletto Delle Rocche. Rovolon deriva probabilmente dal nome latino della pianta robus, cioè rovo, ma potrebbe anche essere la voce dialettale roa, rova che invece significa ghiaia e sta a indicare un terreno ghiaioso, franoso. Il nome della sede comunale deriva dalla "bastia", fortificazione costruita nel secolo XIII dai padovani per difendere i loro territori dall'incursione dei vicentini. E quando quel caposaldo fu distrutto dagli Scaligeri, alla località restò il nome di "Alla bastia". Nel 970 il territorio venne donato ai monaci di Santa Giustina dal vescovo di Padova Gauslino. Allora esso era denominato "terreno duro", perché impossibile da coltivare, ma fu poi bonificato e lavorato dai monaci e popolato successivamente dai loro coloni, per i quali i Benedettini costruirono la prima chiesa, dedicata a San Sebastiano. Nell'XI secolo aveva signori locali che vi costruirono un castello, devastato dai Vicentini nel 1198. Nel XIII secolo il paese fu saccheggiato ed incendiato da Ezzelino III da Romano, poi ancora nel XIV secolo dagli Scaligeri ed infine dai Veneziani che lo conquistarono nel 1405. L’agglomerato urbano di Lozzo sorgeva distribuito nella fascia pedemontana con un nucleo tra la Pieve di S. Lorenzo e Carpoforo e i Castelli dei Maltraversi, posti in vicinanza al ponte del Bisatto. Lozzo è ricordato nel 602 quando fu incorporato nel Comitato vicentino dopo la distruzione di Padova.

Faedo con la Chiesa di S.Pietro vista da M.Fasolo
Le poche case sparse a Faedo, (che in antichità veniva chiamato “Pedevenda”) riunite intorno alla Chiesa cappellanaia di S. Pietro, avevano protezione dal forte castello di Pedevenda e dalla casa fortificata dei Delesmanini. Il suo nome deriva da "faggio", albero un tempo molto diffuso in zona. Che Faedo sia stato abitato fin dalla preistoria lo dimostrano oggetti di selce e di corno di cervo rinvenuti in loco. All’ombra del sistema difensivo dei Monti Cinto e Rusta e di una Rocca posta sul Partizzon, si formarono i borghi di Fontanafredda con la pieve di S. Donato, di Viminelle con la cappella dedicata a S. Giacomo e ora non più esistente, di Valnogaredo (che deve il suo nome dall’estesa coltura di noci, chiamate “Nogare”) con la cappella dedicata a S. Bartolomeo e di Cornoleda (da “corniolo”). La frazione di Fontanafredda è così definita per il suo “bagno freddo romano”, una sorgente che sgorga davanti il Municipio. Il suo toponimo è ricordato in un atto del 983: “In Fontanafrigida Caxale Unum”. La Pieve di Luvigliano, nel 1077, con un atto dei vescovi veronesi Benno e Odone, si pose sotto la protezione regale. Così farà la cappella di S. Sabino che riunì a sé il primo nucleo di Torreglia. Dalla pieve di S. Martino di Luvigliano dipendevano le Cappellanie di Torreglia, Galzignano e Valsanzibio. La Chiesa di S. Martino fu demolita nel 1474 dal Vescovo Nicolò Ormeneto per costruire la Villa dei Vescovi, su disegno del Falconetto.

L'abitato di Galzignano
Galzignano è ricordato in un documento di Ottone nel 952: “In Galzignano mansiones tres”. Il borgo si snodò dentro una stretta valle, percorsa dalla Via Cengolina e limitata da pendii molto adatti alla coltivazione della vite. Gli antichi terrazzamenti lungo la Cengolina costituiscono uno degli aspetti più suggestivi degli Euganei. Valsanzibio prese il nome dal convento di S. Eusebio. Nel 1233 troviamo memoria della Chiesa di S. Lorenzo che in tale data doveva essere la parrocchiale. Abano era già famosa in epoca romana per le sue terme. Il nome deriva dal tempio dedicato al dio Aponus, divinità che presiedeva alle acque termali. Nell’evo medio il paese fu signoreggiato dalla potente famiglia dei Conti d’Abano che aveva fondi sparsi in tutti i Colli Euganei. Intorno al 1000 Abano aveva un castello e un monastero, presso la Chiesa di S. Lorenzo. Nei documenti medievali più antichi (dal 1027 al 1188), ciò che oggi corrisponde a Montegrotto Terme appare come un insieme di siti. Nel XII secolo infatti sul Monte Castello, sorgeva il “Castello di Montagnon”; ad esso era collegata la pieve di San Pietro, posta invece ai piedi del limitrofo colle, da essa poi denominato Colle di San Pietro Montagnon; da qui “San Pietro Montagnon” sarà il toponimo che designerà per tutta l’età medievale l’area che corrisponde in parte all’attuale Montegrotto Terme. Le fonti documentarie menzionano il Castello di Montagnon per la prima volta nel 1100, ma si ritiene che fosse più antico; all’epoca comunque apparteneva a Rainerio da Montagnone, esponente di un’eminente famiglia legata ai conti Maltraversi di Castelnuovo. Ai Signori da Montagnon si deve anche la fondazione del vicino monastero di San Daniele negli anni tra il 1076 e il 1078; dello stesso mantennero la giurisdizione anche quando passò tra le proprietà del monastero di San Silvestro di Nonantola, nel 1188. Del resto, per almeno tutto il XII secolo, i da Montagnon rimasero i feudatari di riferimento della zona.

La zona termale vista dal M.Ceva
Il nome di Monselice è di chiara origine latina. Il significato del toponimo "Mons silicis" potrebbe essere "monte della via selciata"(allusione alla via Annia che passava per Monselice), che è la teoria più accreditata, ma potrebbe anche derivare dalle cave di selce per cui la Rocca da sempre è stata oggetto di sfruttamento.

La Rocca di Monselice vista dal M.Cero
La nascita di Monselice come nucleo cittadino risale al V-VI secolo ed è dovuta a una prima fortificazione del colle della Rocca da parte dei Longobardi. Le strutture esistenti vengono ulteriormente potenziate dopo l'invasione dei Franchi, e si compongono, intorno all'anno Mille, di un tessuto abitato discontinuo sulle pendici della Rocca e di un nucleo difensivo a guardia del ponte sull'antico fiume Vigenzone, che passava ai piedi della collina. Nell'XI secolo un aumento della popolazione locale favorisce nuovi insediamenti abitativi e alla metà del XII secolo Monselice viene elevata al rango di Comune, entrando sotto la giurisdizione di Ezzelino da Romano. Questi, amplia e perfezione il sistema di mura, che viene a chiudere completamente il centro abitato. Si devono inoltre ad Ezzelino la ristrutturazione del Mastio sulla sommità della Rocca, la costruzione della Torre civica e l'edificazione del Palazzo oggi detto appunto "di Ezzelino", che costituisce parte importante del Castello di Monselice.  

La Pieve di S.Giustina si affaccia sull'abitato di Monselice
Questo misterioso viaggio nel Medioevo sta per concludersi. Ritorno alla quotidiana realtà e ai problemi di tutti i giorni, portandomi nello zaino un cospicuo bagaglio di informazioni e interessanti curiosità riguardanti gli antichi borghi Euganei. La loro storia , le tradizioni, i nobili personaggi che li hanno attraversati, mi sono stati fedeli compagni in questo affascinante cammino lungo i lastricati e tortuosi sentieri dell’anno Mille. Epoca in cui i Colli Euganei hanno avuto profonde trasformazioni non solo paesaggistiche, ma anche, e soprattutto, sotto l’aspetto agricolo e produttivo, divenendo così un valido supporto per l’economia della vicina Padova.


Alcuni cenni storici sono stati tratti dai volumi “Analisi del paesaggio” di L. Fontana e “I Colli Euganei natura e civiltà” – F. Fasulo


La "Spada nella Roccia" ad Arquà Petrarca 




sabato 4 novembre 2017

Euganei: tracce di una civiltà antica - COLLI EUGANEI



Declivi prativi, accompagnano lo sguardo verso i sinuosi profili dei Colli 

Quando l’aria di città inizia a farsi irrespirabile, quando la quotidianità ci sovrasta e rende noiose le nostre giornate, arriva il momento in cui pensare a una sana e giusta “evasione” verso luoghi incontaminati, selvaggi, dove la pace e il silenzio regnano sovrani, offrendo serenità allo spirito.

Vista sul M.Castello, Calaone e M.Cero 
Tutto ciò lo si può incontrare nell’avvolgente e rigogliosa natura dei Colli Euganei, un territorio da vivere in tutte le stagioni dell’anno: in primavera per cogliere la prima esplosione della natura, in estate perché basta salire di qualche metro per togliersi dall’opprimente afa e dalla foschia della città, in autunno per assaporare i toni caldi e dolci della stagione; in inverno quando è sufficiente superare pochi tornanti per osservare i sinuosi rilievi fuoriuscire come isole dall’immenso mare di nebbia, tanto da paragonarlo a un vero e proprio ambiente di montagna. Ed è proprio quest’anomalo impatto di “paesaggio di montagna” che ci porta a coniare il termine “Monte”, offerto da alture di poche centinaia di metri. Infatti, se dall’esterno, dalle pianure cittadine, si ha la tendenza di dire “andiamo sui Colli”, una volta arrivati all’interno del sistema si specifica “andiamo sul Monte Gemola, sul Monte della Madonna, sul Monte Rua, ecc.”, senza tener conto che “monte”, oltrepassa la corretta definizione geomorfologica attribuita a queste nostre modeste alture.

Tra cielo e terra
Ciò avrebbe origine da un’eredità romanza della fase romana, quando con Montes, senza una successiva aggettivazione, si definivano i rilievi euganei semplicemente contrapposti alla pianura, mentre ogni Mons poteva avere un suo nome specifico poiché “importante per chi viveva, lavorava, produceva nelle sue prossimità”. “Colli”, che oggi usiamo per indicare il complesso, è quindi il termine che più si addice, eccezion fatta per il Monte Venda che con i suoi 601 metri, è l’unico rilievo euganeo ad aver “licenza” di essere chiamato tale.                 


Quando e come sorge il nome Colli Euganei?                            Nel Medioevo, un certo Lucano, poeta latino di epoca augustea, fu il primo tra gli scrittori antichi ad associare il termine “Colle” all’aggettivo “Euganeo” quando scrive che Cornelio, nel giorno della battaglia di Farsalo, preso da folgorante visione, annuncia la vittoria di Cesare su Pompeo sedendo sul “Colle Euganeo” vale a dire in quella sede che storici e archeologi individuano nell’aerea termale di Abano – Montegrotto. Anche l’appellativo “Euganeo”, però, sarebbe legato a una tradizione letteraria nella quale era ben presente il concetto di una realtà etnica precedente, come fa capire Tito Livio quando racconta che i Veneti, sopraggiunti da Troia sotto la guida di Antenore, avrebbero ricacciato sui monti gli indigeni Euganei.

Gruppo collinare del M.Ceva con i rilievi del M. Spinefrasse  e  M.Croce

Ciò non toglie la possibilità di recuperare oggi il termine “Euganei” pur con l’accortezza di non riferirsi a una precisa entità etnica. E’ certo, infatti, che il comprensorio collinare euganeo fu teatro di vita fin dalla più lontana preistoria e che anzi la straordinaria varietà e mobilità dell’ambiente ne condizionò il popolamento durante il corso dei secoli. Ripari, anfratti, terrazzi, spianate, offrirono dimora all’uomo già nel paleolitico, anche se esistono poche tracce in quanto, ancora incapace di dominare l’ambiente naturale e legato a ciò che spontaneamente offrivano la terra e il regno animale, esso era costretto a brevi soste e a continui spostamenti. Più facili seguirne le vicende nel neolitico quando compaiono le prime comunità, relativamente stabili, di agricoltori, nell’età del bronzo, quando sempre più complessa e legata a molteplici fattori appare la dinamica del popolamento e infine nell’età del ferro, quando si costituisce quell’entità storica dei Veneti ai quali dobbiamo uno dei più significativi aspetti regionali dell’Italia preromana. 

 Libero adattamento del capitolo: “I Colli nell’antichità” di L.Capuis e S.P.Mattioli  - "I Colli Euganei natura e civiltà"


CAMMINANDO  SULLA  STORIA

Camminando verso Valle S.Giorgio

Valle S.Giorgio, M.Castello, Calaone e M.Cero

Dal Monte Venda, veduta sulla piana di Monte Fasolo

Dalla rupestre flora del M.Ceva, una panoramica sulla catena collinare euganea

Paesaggio autunnale sul Monte Cecilia

Un paradisiaco mare di nebbia visto dalle alture del M.Gemola




La calda luce dell'imbrunire, accarezza i rilievi del M.della Madonna e M.Grande



Tramonto sul pianoro del Mottolone (Arquà Petrarca)




                                                                     




domenica 22 ottobre 2017

COLLI EUGANEI: Incanto d'Autunno


Autunno dorato alle Terre Bianche

Adoro l’autunno.

I colori dell'autunno
Amo osservare i fiammanti colori con cui veste la natura e respirare gli avvolgenti profumi sparsi nell’aria. Amo tuffarmi a occhi aperti nella bucolica nebbia ed estasiarmi alle delicate sfumature di un tramonto; sentire l’acre odore di legna bruciata salire dalle aperte campagne e scrutare le esili spirali di fumo lasciare al cielo i ricordi dell’estate. Amo perdermi nell’intima quiete del bosco e udire il sussurrar degli alberi scuotersi all’umida brezza del mattino; ascoltare il ritmo dei miei passi e lo scrocchiar di foglie che cantano allegre lungo il sentiero. Adoro l’autunno. Stagione dove la natura si esibisce negli ultimi sussulti di “Vera Bellezza”: rosseggia lo scotano nei variopinti vegri e le foglie di vite assumono toni gialli e porpora, accendendo i filari di meravigliose cromie. Gli ultimi fiori occhieggiano tra i ciuffi scomposti d’erba matura; vecchie ceppaie impregnano il sottobosco d’intensi effluvi a solleticare il fine olfatto dell’esperto viandante e gli antichi castagni lasciano cadere il bruno frutto, avvolto dai ricci ancora verdi.


Adoro l’autunno perché è la stagione dei ricordi, di allegri fuochi accesi per strada, di antichi sapori avvolti in un fumante cartoccio, di goliardiche bevute; è la stagione dell’indolenza, del ritrovato silenzio, del comunissimo “stare insieme”, magari intorno a un tavolo, in compagnia di un fuoco acceso, alimentato dal desiderio di raccontare le proprie storie, capitoli di vita di un’avventura che sta nuovamente per iniziare. L’autunno è un vibrare di colori, odori e suoni, una dolce miscela di affascinante armonia, volutamente composta da Madre Natura per celebrare degnamente un “Gran Finale”. Un vero e proprio “coup de théâtre” che esalta tutti i sensi, ma nello stesso tempo conferisce la malinconica certezza dell’immediato incontro con Messer Inverno, in cui ogni forma di vita si appisolerà in un nuovo, lungo letargo.                     

M.Guercini



I COLLI EUGANEI SI VESTONO D'INCANTO


Rosseggia lo scotano sugli aridi vegri

Alle Terre Bianchela piccola chiesetta avvolta dai colori autunnali 

Vigneti dalle accese tonalità



Filari dorati sulle colline di Monte Fasolo

 Prati tappezzati da rosse foglie d'acero

Vecchi castagni avvolti dalla nebbia sul Monte Venda

Tramonto autunnale a Passo Roverello

Ultime luci sul Pianoro del Mottolone


 Fiori di stagione





Ultima orchidea a fiorire: la Spiranthes spiralis



martedì 3 ottobre 2017

Il mio angolo di poesia



Tonalità crepuscolari sul M.Lozzo, la pianura e gli Appennini 



LA BELLEZZA DI UN TRAMONTO


Seduto su una rupe

d'antica roccia,
respiro incantato,
la bellezza del tramonto.

Volano i miei pensieri
verso l'ardente ovest,
dove l'oro e l'arancio
s'incarnano
allo zaffiro del cielo.

Dei solitari colli          
s'oscurano i profili,
mirabilmente stagliati,
alla sublime luce
dell'orizzonte.

Estesi silenzi
esiliano il giorno
ai cremisi riflessi dell'imbrunire,
mentre s'appisola il sole,
mormorando 
il suo amore alla terra.

Dalle lontane case,         
si eleva sommesso un canto,
fulgida armonia di note
sull'eterno rigo del Creato.

Il tremulo chiaror di Artemide,
veste di sogno la pianura
e lo sguardo trova pace,
nell'arioso traboccar della sera.                     
M.Guercini  



A Passo del Vento il cielo si tinge di rosei colori

Dal Salto delle Volpi, un'incantevole tramonto sul Lozzo e la pianura

L'arancio del tramonto, si posa sulle scure sagome del M.Cero, Calaone e M.Castello

Vigneti dorati al tramonto 

Tramonto da sogno sul pianoro del Mottolone

Tenui sfumature incarnano il cielo al tramonto

Magica atmosfera a Passo del Vento 

La chiesa di S.Sabino e la pianura di Torreglia si illuminano al crepuscolo