Colori d'autunno

Colori d'autunno
“ Storie che vanno via veloci disperdendosi al vento come fili di fumo. Il fumo è testimone di un fuoco. La legna finisce, il fuoco si spegne. Rimane l’odore del fumo, che è ricordo. Del fuoco resta la cenere, che è memoria. Rovistando tra la cenere si pensa al fuoco che fu. Ricordare fa bene, è un buon allenamento per resistere e tirare avanti.” (Mauro Corona)

venerdì 14 agosto 2015

COLLI EUGANEI: FEDE E SPIRITUALITA'

Nel vasto territorio dei Colli Euganei, esistono luoghi all’interno dei quali, l’anima può trovare riparo attraverso il respiro della preghiera. Luoghi arcani, mistici, dove il silenzio regna sovrano e dove fede e sacralità, si fondono in un’unica miscela di pace profonda. Lontani dai clangori della vita quotidiana, monasteri, eremi, abbazie, centri di spiritualità sono l’ideale per ritrovare se stessi vivendo in un’aura di silenzi e solitudine. Posti dove il tempo sembra essersi fermato. Mura antiche raccontano l' andar dei secoli attraverso l'opera di frati, eremiti e monaci che contribuirono a far divenire questi luoghi, meta costante di pellegrini e fedeli. L’odore del tempo si percepisce ancora ed emana quel profumo d’antico che impregna l’aria rendendola, ancor più, sacrale e invulnerabile. Tempi del silenzio e della solitudine, quindi. Luoghi nascosti, facenti parte di un mondo lontano che dovremo conoscere maggiormente. Viverli, scoprendo i loro misteri e la loro storia. Anche questo fa parte della conoscenza del nostro territorio. Un territorio, quello degli Euganei, stracolmo d’infinite bellezze paesaggistiche, arricchite anche da queste gemme, simbolo di pace e d’amore. (M.G.)

Per una più completa panoramica su luoghi di culto:


Ruderi del Monastero degli Olivetani


Ruderi del Monastero degli Olivetani  

I ruderi monumentali del monastero degli Olivetani sono situati sulla sommità del monte Venda, in un luogo impervio da raggiungere, ma di grande suggestione paesaggistica e che ancor oggi evoca un'atmosfera mistica. Nell'antichità i monti erano considerati il simbolo dell'incontro tra la terra e il cielo, tra l'umanità e Dio; la conformazione dei Colli Euganei ha ispirato per secoli l'insediamento di comunità religiose, che nell'isolamento e nella dimensione aerea delle loro cime hanno trovato il contesto ideale per condurre la vita eremitica.
"L'azzurro occhio"
Dell'imponente complesso del monastero di San Giovanni Battista del Venda sono ancora visibili parti della chiesa, la torre campanaria e la cripta, salvati dalla rovina grazie a recenti interventi di restauro. La prima testimonianza storica che attesta la presenza di religiosi sul Venda risale al 1197; si tratta di un primo insediamento eremitico fondato dal monaco Adamo di Torreglia. Alla sua morte seguirono altre esperienze di vita ascetica da parte di monaci provenienti da Santa Giustina di Padova. All'inizio del Duecento esistevano due chiese: la più antica dedicata a San Michele(scomparsa alla metà del secolo) e quella fondata da due monaci benedettini dedicata a San Giovanni Battista. Il monastero acquisì sempre maggiore importanza e prestigio, grazie al sostegno e alle sovvenzioni dei nobili Maltraversi di Castelnuovo di Teolo. Dopo la metà del Trecento il monastero visse un periodo di crisi e nel 1380 il Vescovo di Padova decise di accorpare la comunità del Venda con i monaci Olivietani, nota congregazione benedettina aristocratica. L'unione diede nuovo slancio spirituale ed economico al monastero sul Venda, che fu ampliato nelle strutture ed acquisì vasti appezzamenti fondiari. L'esistenza del monastero si concluse nel 1771 quando la Repubblica di Venezia ne decretò la soppressione e fece trasferire i monaci, mettendo all'asta tutti i possedimenti che passarono in proprietà alla famiglia Erizzo. Gli edifici divennero luogo di riparo per i pastori e caddero rapidamente in rovina.




Particolare del Monastero
Nell'autunno del 1818 i ruderi del monastero del Venda furono la meta di un'escursione del celebre poeta romantico Percy B. Shelley, il quale contemplando da questa straordinaria balconata naturale rivolta verso Oriente lo spettacolo dell'alba, scrisse i meravigliosi versi dedicati al paesaggio euganeo in cui i Colli Euganei vengono comparati a "isole fiorite" che donano conforto "nel mare della vasta angoscia" dell'animo umano. Durante la seconda metà del secolo scorso la sommità del monte Venda è stata occupata da una importante base dell'Aeronautica militare, che da qualche anno è stata dismessa e abbandonata. Nonostante la necessità di un intervento di recupero dell'area, i ruderi del monastero degli Olivetani rappresentano ancora oggi un luogo di grande attrazione e fascino.   (fonte: Colli Euganei.it)














Dagli Olivetani... al Rua


                                                                    
Eremo Camaldolese di monte Rua          

L’Eremo di Santa Maria Annunziata, è situato sulla cima del monte Rua (416 mt.) presso il comune di Torreglia, al centro dei Colli Euganei. Come riportato da alcuni documenti, la sua fondazione si deve a due eremiti appartenenti alla comunità di S.Mattia di Murano che nel 1339 ottennero il permesso dal vescovo di Padova di costruire la chiesa in memoria della Madonna. Originariamente l’eremo fu costruito in legno, ma venne ristrutturato in pietra senza stravolgere l’ambiente circostante agli inizi del ‘500 dopo un periodo di abbandono. Solo nel 1542 venne fondata la comunità dei Camaldolesi. Le imponenti mura racchiudono ben 14 celle, ognuna delle quali somigliava a una piccola casetta completa di camera per dormire e studiare, una cappella con altare, un bagno, una legnaia ed esternamente un piccolo orto recintato da un muretto. Il cancello in ferro che separa l’eremo dalla foresteria fu fatto costruire dalla famiglia dei Contarini nel 1550. Nel corso degli anni l’eremo venne ampliato, in quanto simbolo di spiritualità per tutta la zona del Veneto, finché, nel 1810, gli editti napoleonici ne ordinarono la soppressione. Solo nel 1863, grazie a Padre Emiliano fu riaperto, nonostante il saccheggio degli arredi e dei paramenti sacri perpetrato dai francesi, e ancor oggi i frati Camaldolesi abitano l’eremo in clausura. In particolari periodi dell’anno i monaci accettano di buon grado la visita di parenti e chiunque desideri godere della pace di questo affascinante luogo. 
(fonte: Colli Euganei.it)

L'Eremo del Monte Rua con la piana di Montegrotto sullo sfondo 


L'Eremo visto dal sentiero del Venda

L'Eremo del Rua


Le prime luci dell'alba, indorano l'Eremo del Rua




Abbazia Benedettina di Praglia

Caposaldo della colonizzazione agricola benedettina nell’XI secolo, ebbe importanza fondamentale nella ricostruzione e nella bonifica della campagna padovana all’alba rinascimentale, dopo il mezzo millennio di abbandono e devastazioni delle invasioni barbariche. La corte benedettina, fondata attorno al 1000 dai Maltraverso di Montebello, nel 1124 viene aggregata al monastero di Polirone. Feudo di Federico II nella prima metà del XIII secolo, diviene autonoma nel 1304. Nel 1448 viene aggregata ai Benedettini di Santa Giustina di Padova, che possedevano gran parte del territorio padovano e numerose abbazie di campagna, i quali procedono, nel 1490, ad un radicale restauro e riedificazione del monastero e della chiesa dell’Assunta, su disegno di Tullio Lombardo, come ora la vediamo. Il monastero, come molti altri, viene soppresso con le riforme napoleoniche del 1810, poi ripristinato dagli Austro-Ungarici nel 1834 e nuovamente soppresso nel 1866. Nel 1882 una parte del complesso venne dichiarata monumento nazionale, ma contemporaneamente venne chiusa al culto la chiesa e corpi secondari svenduti a privati. Nel 1904, dopo anni di trattative e acquisizioni da privati, ritorna definitivamente in mano ai benedettini che, oltre a riattivare l’importante attività religiosa, si dedicano e specializzano nel restauro di libri antichi e d’arte diventando il punto di riferimento mondiale di questa delicatissima attività.   (fonte: Magico Veneto)

L'Abbazia di Praglia vista dalla Provinciale


La bella scalinata e l'imponente facciata dell'Abbazia di Praglia


L'Abbazia vista al termine del sentiero M.delle Are e M.Lonzina


Campi dorati e nubi minacciose presso l'Abbazia


Visione solare sull'Abbazia di Praglia


Le mura antiche scivolano via tra gli alberi e il cielo


Il lungo viale alberato che costeggia le mura dell'Abbazia


Monastero di San Daniele 

La storia millenaria del Monastero si può dividere in vari periodi.
Il Monastero costruito tra il 1076 e il 1078 dai signori da Montagnone di origine longobarda, fu affidato ai monaci benedettini.
È citato in una bolla di Callisto II del 1° aprile 1123 e confermato da Innocenzo II, nella bolla del 29 giugno 1132. 
Nei primi decenni di vita il Monastero si trovò al centro di varie contestazioni sulle quali dovette intervenire addirittura il Papa, segno evidente che fin dalle origini era tutt'altro che trascurabile. 
I Monaci Benedettini ne guidarono le sorti tra innumerevoli traversie, fino al 25 febbraio 1461. Il Monastero passò poi ai Canonici Regolari del SS. Salvatore di Venezia, religiosi che seguivano la Regola di S. Agostino.
Essi apportarono notevoli ristrutturazioni e abbellimenti al complesso monastico. Il chiostro cinquecentesco è sormontato sul lato ovest da una loggetta con soffitto a volte a crociera. Il 12 settembre 1771 un provvedimento della Repubblica Veneta interveniva a limitare il numero dei monasteri nel suo territorio. Con tale decreto fu soppresso anche il Monastero San Daniele e tutti i beni incamerati furono messi all'asta.

Verso il Monastero
L'acquisto del complesso edilizio venne effettuato dall'avv. Federico Todeschini di Venezia, che diede la proprietà in dote alla figlia Elisabetta, unica erede del casato, quando sposò il conte Bartolomeo Bonomi nel 1832. Il Monastero fu allora in parte trasformato in Villa – Castello e chiamato Castello dei Conti Todeschini- Bonomi. Con la seconda guerra mondiale, la famiglia Bonomi Todeschini subì un tracollo; la Villa–Castello venne occupata temporaneamente dai militari tedeschi, poi divenne proprietà della famiglia Pescarin di Montagnana – Padova. Frattanto si profilava un periodo turbinoso per le popolazioni dell'Est Europeo e, alla fine della seconda guerra mondiale, anche il Monastero S. Rocco in Fiume fu occupato dai soldati che presero possesso delle aule scolastiche, dell'educandato e degli ambienti monastici. Le Monache Benedettine non avevano più né monastero né lavoro né pane; furono quindi costrette ad abbandonare il loro nuovo bel Monastero, costruito tra il 1914 e il 1918, e cercare una soluzione alternativa. La Madre Benedicta Cristofoli, incaricata dall'anziana abbadessa, M. Benedicta Stehle, venne nel Veneto e, con l'aiuto di Don Ambrogio Bizzarri dell'Abbazia di Praglia, ottenne di entrare in questo Monastero di San Daniele. Il 24 maggio 1948 ella ricevette le chiavi da Don Adalberto Salvadori, priore di Praglia, che celebrò la prima S. Messa della Chiesa di San Daniele. La Comunità, rimasta in attesa a Fiume, ebbe la prospettiva di approdare presto alla Villa-Castello di San Daniele per ricomporsi e riprendere la regolare vita monastica. 
Così ebbe inizio il IV periodo del Monastero: fondato per i monaci, diviene casa di preghiera per le monache, che seguono la Regola di San Benedetto. E' l'anno 1948. Quando la Comunità divenne proprietaria della Villa - Castello nel febbraio 1958 con l'appoggio di tre signori aponensi: il cav. Armido Bonato, Bruno Bordin-Galtarossa e Mario Bernabei, che si fecero "garanti" per il Monastero e, con l'aiuto di altri benefattori italiani e tedeschi, furono eseguite le costruzioni più urgenti.
Si provvide alla manutenzione degli antichi immobili, impresa difficile cui dedicò tutta se stessa M. Benedicta Cristofoli, coadiuvata da Sr. Walburga Tertan: collaborarono con incrollabile fiducia nella Provvidenza, di cui sperimentarono gli interventi e poterono constatare, assieme a tutte le consorelle e i conoscenti, che davvero: "Sul monte Dio provvede" (Gen 22,14 b). Con offerte spontanee o chieste in elemosina, con vari prestiti, sostegni finanziari, cantieri di lavoro, per i quali si prodigó con predilezione l'on. Luigi Gui. Le monache edificarono tra il 1959 e il 1960 il Coro, il Capitolo, la Foresteria e gli altri locali indispensabili per la vita della Comunità. Il refettorio e l'ala "celle" furono completati nel 1965. Nel 1972 vi furono altri interventi nella foresteria e si aprì un piccolo bar-ristoro, dove i visitatori possono rifocillarsi e acquistare vari prodotti. Notevoli furono i danni provocati dal terremoto del Friuli: colonne e archi del chiostro, soffitto della sacrestia, l'ampio corridoio del primo piano e il tetto molto danneggiati furono restaurati negli anni 1976/79. 
                                                                  
(fonte: Monastero Benedettino San Daniele in Monte)



Particolare della facciata


Interno del Monastero

Ph. di Massimo Guercini